La regola dei Terzi…

di Osvaldo Ciurleo

Rapace

 


Nella fotografia tanto si è scritto e tanto si è discusso sulla necessità di creare delle regole attraverso le quali produrre una fotografia capace di ricevere il più alto numero di apprezzamenti. Come tante sono ancora oggi le scuole di pensiero che ritengono che la fotografia non “debba” essere trattata dopo lo scatto, o ancora quelli che credono che la fotografia digitale non sia all’altezza di quella basata sulla pellicola.

Ciò che una foto può evocare nell’animo di un’osservatore è estremamente soggettivo, tuttavia è utile pensare, e magari credere, che vi siano delle regole che possano indurre l’osservatore a recepire un’immagine secondo le aspettative del fotografo che le ha applicate.

Nel difficile momento che precede lo scatto, siamo chiamati a comporre l’immagine, cercando di cogliere tutti gli elementi che caratterizzeranno il risultato finale. E’ proprio durante la composizione è importante sapere che quel che vede l’occhio umano prima dello scatto, non sempre corrisponde alla foto che si immaginava. Un esempio? Quante volte avete scattato una foto e non vi siete accorti che c’era un palo di troppo, i cavi elettrici, un oggetto di disturbo, bottiglie e bicchieri in una tavola che hanno coperto parte dei soggeti! Prima di scattare bisogna fare pulizia, rendere la scena priva di disturbi che potrebbero sporcare la fotografia finale.

Ombrello rosso.PNG

Parlando di composizione fotografica, probabilmente la prima regola che si studia per ottenere scatti oggetto di interesse è appunto la Regola dei Terzi. Essa in sintesi ci dice che il soggetto è sempre bene non posizionarlo al centro del fotogramma. Le moderne fotocamere dispongono di una opzione che sovrappone un reticolo sul mirino, dividendo il  fotogramma in 9 quadranti. Attraverso queste linee guida il fotografo può applicare la regola dei terzi, che sostanzialmente suggerisce di posizionare il soggetto in uno dei 4 punti di intersezione delle linee orizzontali con quelle verticali. I punti in rosso rappresentano le aree entro le quali far ricadere il soggetto che si intende fotografare. La scelta di uno rispetto ad un altro punto è determinata dal contesto e dal soggetto che si sta fotografando.

quadranti


 

La Regola dei Terzi ha origini molto lontane e fu ipotizzata ed applicata dal pittore John Thomas Smith (1766-1833), secondo cui era bene individuare delle linee di riferimento entro le quali far cadere l’occhio dell’osservatare. John chiedeva un contributo ai pittori di allora, affinchè questa ipotesi fosse ragionevolmente meglio approfondita, ma non è mai giuto.
Come per altre regole, anche questa è oggetto di dibattiti circa la sua validità. Vi sono infatti sostenitori secondo cui tale regola non debba essere rispettata e che anzi sia sinonimo di “limitazione” alla libera creatività del fotografo. Su Flickr ad esempio, c’è una galleria di foto dal nome “Breaking the Rule of Thirds” e moltissime di quelle foto hanno la loro validità forse proprio perchè non la rispettano!

La composizione dice che una fotografia “Funziona” se si scorgono i risultati delle regole applicate. Anche nelle immagini l’uomo ha voluto applicare il metodo scientifico per classificare, misurare e cercare di riprodurre un risultato certo. Pur riconoscendo una certa influenza che questa regola ha nelle mie fotografie, ritengo che è più utile considerare gli elementi base del linguaggio delle immagini. Le immagini solo lette dall’osservatore secondo un percorso che non è facile pre-determinare, a meno che non sia “influenzato” dalla ricerca di una o più regole conosciute ed applicate. La natura antropologicamente istintiva dell’uomo, segue ancora oggi criteri di valutazione di una immagine in riferimento allo stato d’animo, ai retaggi culturali, alla razionalità sviluppata ed alla psiche.

La fotografia è una forma di comunicazione visiva ma anche un’arte e come tale deve essere libera di esprimere quell’attimo che lo scatto ha congelato nel tempo, attraverso l’esperienza e la sensibilità che il fotografo ha potuto trasmettere all’osservatore.

Osvaldo Ciurleo (c)