“Voi premete il pulsante, il resto lo facciamo noi”

di Osvaldo Ciurleo

button

Dietro questo slogan è stato scolpito e racchiuso un secolo di storia della fotografia, quella nata da una intuizione di un grande appassionato, e che ne ha permesso la diffusione in ogni angolo del globo.

E’ la storia di un nome che è stato fissato nella memoria di una gran massa di utilizzatori e non, ma anche quella di un uomo che ha saputo cavalcare una idea di tecnologia, combinata ad una forte spinta di marketing,  che ne ha fatto un precursore dello spirito moderno. Una di quelle storie che ha alimentato la mia passione per la fotografia, non soltanto per la qualità dei suoi prodotti ma anche per la sua presenza capillare in tutto il mondo.

Il-dottor-Richard-Leach-MaddoxSiamo alla fine del 1800 quando il Fisico e Medico inglese Richard Leach Maddox pubblica un articolo sulle lastre asciutte, nelle quali era riuscito a sostituire il collodio con una gelatina al bromoioduro di argento.

L’invenzione arriva negli Stati Uniti, dove George Eastman, un dipendente di banca con la passione per la fotografia, decide di abbandonare la carriera d’ufficio per costituire la “Eastman Dry Plate Company“, specializzata nella produzione di lastre fotografiche a base di gelatina. La via per l’industrializzazione di quanto sperimentato da Maddox era iniziata. Anche altre fabbriche avevano avviato la produzione, la Agfa in Germania e la Ilford in Inghilterra per Europa.

Eastman-hi-res-photo_720_420_c1_center_top

La data storica arriva nel 1888, quando Eastman da vita alla Kodak, un marchio che è rimasto impresso nel tempo ad intere generazioni di fotografi.

Il nome non ha una origine precisa, è frutto della fantasia del marketing di allora che riesce nell’invenzione di una parola usata e ricordata in tutti i paesi del mondo, capace di richiamare il suono della fotocamera durante lo scatto. Insieme al marchio nasce la prima fotocamera di massa, appunto la Kodak 1. Ed è proprio questa la novità di Eastman che cambierà il futuro della fotografia in tutto il mondo. L’apparecchio è ben diverso da ciò che conosciamo oggi ed era sostanzialmente una scatola, del costo di circa 25 dollari, molto semplice da usare. Le foto prodotte con la Kodak 1 sono tutte rotonde, perché la proiezione dell’immagine attraverso la lente (rotonda) sulla pellicola è inscritta ad essa, diversamente da quanto accade oggi dove una parte della proiezione è tagliata esternamente al riquadro del fotogramma o del sensore.

kodak1_1

Una imponente campagna pubblicitaria investe progressivamente il mercato e Kodak rappresenta per tutti la possibilità di fotografare, perché chiunque può acquistare l’apparecchio ad un prezzo accessibile, e al suo interno è già presente una pellicola che attende di essere impressionata.

Quando la pellicola è terminata, l’apparecchio viene inviato ai laboratori Eastman a Rochester, dove i tecnici rimuovono la pellicola per lo sviluppo e la stampa ed infine restituiscono al cliente le foto prodotte e l’apparecchio con una nuova pellicola, tutto al costo di 10 dollari.

Ed eccola qui la Kodak, prima fotocamera per il mercato di massa.

kodak-1

Osservandola notiamo che essa è molto lontana dai modelli delle fotocamere che conosciamo oggi. Essa infatti, oltre ad essere praticamente una scatola, non aveva mirino, nessun diaframma, nessuna possibilità di regolazione. Un manuale incluso con il prodotto spiegava a quale distanza ed a quale altezza bisognava posizionare l’apparecchio per effettuare lo scatto. La chiavetta su uno dei lati del parallelepipedo permetteva di avanzare la pellicola.

Manuale uso

Eastman, con il modello Kodak Brownie, avvicinò anche i ragazzi alla fotografia e con questa riuscì nell’intento di diffonderla davvero per tutti, grandi e piccoli. Era stato in grado di offrire al mercato un prodotto portatile, che non necessitava degli apparati e degli strumenti usati dai professionisti, e che sopratutto non costringeva il fotografo ad avere una camera oscura con i relativi solventi usati per lo sviluppo.

A lui si deve l’invenzione della pellicola, con la quale la fotocamera da 35mm ha potuto fissare momenti e ricordi per tutti, adulti e ragazzi, professionisti o semplici amatori.

La diffusione della pellicola aprirà anche le porte al cinema che ne diventa il principale utilizzatore. Ne produrrà diversi formati (35mm, 16mm, 8mm) , che rappresenteranno il riferimento per tutti i più grandi kolossal della settima arte, ed anche in questo caso permetteranno nel corso degli anni la diffusione a tutti i livelli anche delle riprese cinematografiche. La famosissima Kodakchrome Super 8 film (evoluzione dell’8mm) è stata utilizzata e sviluppata sino al 2006 (anno in cui Kodak annuncerà la fine della produzione).

Intorno al 1970 la Kodak arriva a coprire il 90% del mercato delle pellicole in tutto il mondo: ogni momento degli americani e non solo era diventato un Kodak Moment!

Oltre le pellicole per stampa della serie Kodak Gold Color e T-Max per il Bianco e Nero, non possiamo non dedicare qualche parola in più per la pellicola per diapositive più importante di tutti i tempi: la Kodachrome.

E’ stata per 75 anni il riferimento per i più grandi professionisti della fotografia, ma è anche rimasta nel cuore di tutti i fotografi anche “dilettanti” che hanno avuto occasione di utilizzarla. Capace di garantire una grande affidabilità nella resa cromatica, alti dettagli e grande resistenza nel tempo con un bassissimo livello di alterazione dei colori. Anche la Kodachrome, fino alla fine, ha rispettato il modello della Kodak 1 di Eastman e lo sviluppo della pellicola impressa poteva essere effettuato soltanto nei laboratori appositi, attraverso un processo di trasformazione in positivo noto come K14. Infatti la pellicola Kodachrome era fondamentalmente in Bianco e Nero. Il primo sviluppo produceva un negativo sostanzialmente bicromatico. Solo successivamente la pellicola veniva sottoposta ad un complesso procedimento che comprendeva:

  • esposizione al Rosso
  • sviluppo Ciano
  • esposizione al Blu
  • sviluppo Giallo
  • sviluppo Magenta
  • bagno di condizionamento
  • sbianca
  • fissaggio

La storia di questa mitica pellicola finisce nel 2009, quando Kodak assegna a Steve McCurry l’ultima pellicola Kodachrome, i cui scatti sono visionabili sul blog di McCurry, e nel 2010 finisce per sempre la produzione.

kodach10

La Kodachrome, sebbene fosse una pellicola molto particolare proprio per il tipo di sviluppo che comportava, è stata una garanzia per tutti i fotografi che l’hanno utilizzata. Anche per me!
Nel 1997 partii dall’Italia con un buon numero di pellicole diapositive per la mia 35 mm, di cui 4 Kodachrome 64, alla volta dell’Australia. Riservai ai posti più suggestivi e prestigiosi l’uso di queste pellicole che si presentarono proprio nei primi giorni di arrivo a Melbourne. Così dopo poco erano state tutte e 4 impressionate, ma il tempo di permanenza in Australia era ancora lungo e non avevo un posto fisso. Così misi nella loro busta color arancio ognuna delle 4 pellicole, le inviai all’unico laboratorio australiano per lo sviluppo, indicando come indirizzo di consegna il mio, ovviamente in Italia. Beh, non nascondo qualche pensiero su quale fine avrebbero fatto, ma al mio rientro, circa un mese e mezzo più tardi, ho trovato le diapositive sviluppate nella cassetta della posta!

Consegna garantita in ogni parte del globo!

Kodak aveva un servizio di sviluppo e consegna veramente impeccabile e tutti i professionisti erano sicuri che il loro lavoro sarebbe stato consegnato all’indirizzo specificato.

steve-sasson-prima-fotocamera-digitale-storiaLa Kodak sviluppò anche la prima fotocamera digitale, ma un pò incredibilmente non ci credette. Nel 1975 Steve Sassons ne realizzò infatti una capace di memorizzare uno scatto su una cassetta a nastro in 23 secondi. Era dotata di un sensore d’immagine molto elementare ma già capace di aprire la strada al digitale. L’azienda però non volle continuare ad investire sul digitale, perché ricoprendo un ruolo di quasi monopolio sulle pellicole non temeva un cambio di rotta della tecnologia e di conseguenza del mercato. Probabilmente l’unica vera decisione non lungimirante della storica azienda, ma che si rivelò quella fatale: come tutti sappiamo nel corso degli anni il digitale ha spazzato via la pellicola infliggendo alla Kodak perdite che l’hanno portata alla bancarotta.

In effetti nessuno pensava davvero che il colosso delle pellicole in tutto il mondo sarebbe stato minacciato dalla nuova tecnologia, ma di fatto è proprio ciò che è accaduto: nel 2012 la compagnia ha fatto ricorso al cosidetto Capitolo 11 del Bankruptcy Code statunitense (corrispondente alla nostra normativa sul fallimento aziendale) perché ormai le perdite erano estremamente gravi.

Nel 2015 anche la fabbrica Kodak finisce la sua gloriosa storia, e si procede così alla sua demolizione.

Ma torniamo un attimo indietro per vedere la fine della storia, purtroppo non felice, del nostro pioniere.
George Eastman venne colpito da una grave malattia che lo costrinse presto alla sedia a rotelle. Per un uomo attivo ed energico come lui, un durissimo colpo. Non riuscendo a sostenere il peso della malattia decise di suicidarsi nel 1932, a 68 anni, mettendo fine a quel male che avrebbe voluto affossare lo spirito determinato che lo aveva portato al successo. Il suo biglietto di addio recitava: “Ai miei amici: il mio lavoro è compiuto. Perché attendere?

Forse meno conosciuta è la sua natura di filantropo, ma sono davvero numerose le testimonianze del suo amore per l’umanità: nel 1919 pensò di cedere il 30% delle azioni della Kodak ai suoi dipendenti; creò un fondo per permettere lo studio universitario dei neri d’America; costruì numerosi ospedali Odontoiatrici in tutto il mondo per i bambini più bisognosi. Uno di essi è presente a Roma: l’istituto odontoiatrico Eastman a viale Regina Elena.

L’inventore della Kodak ha rappresentato, insieme alla sua fabbrica, un modello di impresa capace di industrializzare un prodotto e sopratutto di saperlo vendere, con un sistema di marketing estremamente curato e preciso, capace di diffondere nome e prodotti in modo capillare in ogni parte del globo.

Ed oggi cosa ci rimane?

Kodak resta un nome ancora conosciuto e noto, ma probabilmente perché ancora risuona l’eco di quel grande e lungo periodo che lo ha visto chiamato e gridato in tutto il mondo. Ma probabilmente nulla di più…

«Se non sei pronto a cannibalizzarti lo farà qualcun altro» è il commento di Mark Zupan, rettore dell’Università di Rochester. E forse aveva ragione, perché Kodak non ha creduto che un solo “click” dell’era del Digitale sarebbe stato capace di racchiudere in un istante: l’acquisto di una pellicola, il caricamento nella fotocamera, lo scatto, lo sviluppo presso il laboratorio e dopo giorni il ritiro della foto per essere visualizzata!

Eppure è così: con uno solo di questi nostri “click” di oggi, abbiamo risucchiato nella grande voragine dei bit tutta la storia della Kodak.

Osvaldo Ciurleo ©